Manifesto Trickster
Trickster Dazibao

Trickster è una figura che compare nei miti, nel folklore e nelle religioni pressoché di tutto il mondo. Il termine proviene dal verbo inglese to trick (giocare dei tiri, ingannare, scherzare) ed è parola difficilmente traducibile in italiano. C’è chi l’ha resa come burlone, imbroglione o gabbamondo, chi briccone divino – per citare un titolo ormai classico sull’argomento, che raccoglie interventi di C.G. Jung, K. Kerényi e P. Radin. Sicuramente si presenta come figura imprevedibile e complessa: a volte si mostra con sembianze divine o semidivine, altre volte è animale dai tratti antropomorfi, oppure difficilmente catalogabile (non a caso viene menzionata nella Cassell’s encyclopedia of queer myth, symbol, and spirit, copiosa raccolta di personaggi multiformi, con la prefazione di Gloria Anzaldúa). A differenza dei classici eroi o divinità, facilmente classificabili per via delle loro funzioni precise e determinate, il trickster resta un personaggio liminale, di soglia, eternamente sfuggente, che incarna e manifesta l’ambivalenza e la contraddizione. Proprio perquesto, nella raccolta Antropologia Strutturale, C. Lévi-Strauss lo assume come paradigma dell’ambiguità del mito e della divinità, posizionandolo in un punto liminare fra vita e morte. Dinanzi alle dicotomie maschio/femmina, giovane/vecchio, vivo/morto, sacro/profano, giusto/sbagliato ecc. il trickster conduce fuori strada, varca i confini, confonde le distinzioni, solleva paradossi. In breve, la reductio ad unum e tutta la logica tradizionale non può che rassegnarsi a fallire quando incontra un trickster.
Occuparsi di stati di coscienza e delle sue modificazioni significa per noi incontrare il trickster. Non a caso lo stesso Kerényi sottolineava che il tema del trickster rimanda a quello di un allargamento della coscienza. Anche qui si rende necessario un chiarimento. L’espressione altered states of consciousness risale alla metà degli anni Sessanta del secolo passato e fu coniata, seguendo le tracce di William James, dallo psichiatra statunitense Arnold Ludwig nel tentativo di studiare una serie di elementi: dalle condizioni necessarie per la comparsa di uno stato di coscienza, ai fattori che ne influenzano la manifestazione, dalle correlazioni e i denominatori comuni, alle funzioni adattive o disadattive che questi stati possono avere per l’essere umano. Ai lavori di Ludwig ne sono seguiti altri che hanno via via ampliato il campo d’indagine, mettendo a disposizione nuovi strumenti: dalla cartografia della coscienza di R. Fischer all’approccio sistemico di C. Tart, dalle ricerche antropologiche di E. Bourguignon e quelle di G. Lapassade, fino all’importante contributo di E. De Martino nell’analisi del fenomeno magico e del tarantismo, per citare solo qualche nome. Da parte nostra continueremo a usare l’espressione “stati di coscienza”, oggi largamente adoperata, tenendo presente che con questa locuzione, più che a una sequenza di stati rigorosamente classificabili e archiviabili, ci confrontiamo con continui slittamenti, transiti, movimenti, in cui viene mobilitato l’intero organismo, mettendo così in campo una coscienza e una cognizione incorporate, nel senso che è tutto il nostro corpo, insieme alle relazioni e al mondo nel quale è situato e dal quale è soggettivato, a concorrere e determinare l’emersione e l’immersione dei vari processi mentali e cognitivi. Nozioni come quella di coscienza ordinaria e di realtà consensuale appaiono non più come dati naturali, ma come costruzioni dentro un più ampio e complesso reticolo di possibilità. Seguendo questa prospettiva, l’eredità della teoria critica, il contributo più recente delle teorie queer e, più in generale, il portato conoscitivo di esperienze volte a scandagliare le stratificazioni di una realtà troppo spesso oggettivata secondo principi naturalistici, giuridici e di supremazia culturale, possono rappresentare gli strumenti prediletti per leggere gli stati di coscienza, i loro transiti, le loro modificazioni.
Lo studio sugli stati di coscienza abbraccia un campo di ricerche che vede sempre di più intrecciarsi prospettive disciplinari scientifiche e umanistiche, dalla psicologia alla neurofisiologia, dall’etnobotanica all’antropologia e alla sociologia, dalla storia delle religioni alla filosofia. Questa circolazione di concetti, metodologie ed esperienze- attraverso cui si diventa al contempo anche soggetto e oggetto di studio – spezza, attraversandole, le consuete compartimentazioni disciplinari, consentendo ai rispettivi saperi non solo di confrontarsi e integrarsi, ma, seguendo le pratiche trickster, di eccedere dai confini dati. Il fine è quello di creare, attraverso trasgressioni, incroci e contaminazioni, una visione transdisciplinare di ciò che si sta esplorando, per una piùampia comprensione della complessità dell’esperienza in gioco.
Un trick da congegnare anche nei termini di cortocircuito alla capitalizzazione della conoscenza; un gioco di prestigio in grado di sovvertire i processi di monetizzazione e carrierismo che hanno sempre contraddistinto il mercato culturale e che oggi trovano terreno fertile anche negli orientamenti meno ortodossi. Mantenendo questi orizzonti, il Collettivo Trickster nasce come comunità aperta di ricerca che intende indagare le dimensioni dei transiti corporei capaci di produrre modificazioni di coscienza, così come gli intrecci di campi del sapere di confine e frontiera. In questa multiforme geografia aperta all’imprevisto e alla metamorfosi, assumiamo come bussola uno sguardo flessibile e prospettico che sappia sostare nella complessità e giocare con l’incertezza dei passaggi di soglia, rinunciando ai dogmi, così come alle posizioni rigide e chiuse nelle proprie definizioni. Siamo consapevoli delle opportunità e dei rischi cui siamo chiamati a far fronte in questa fase di mutazione antropologica, in cui l’homo sapiens e le relative tecnologie stanno alterando tanto il destino della nostra specie, quanto quello del resto dei viventi e non viventi. Abbracciando questa direzione, il Collettivo Trickster intende intessere relazioni e scambi sinergici con altre realtà, contribuendo a costruire reti e occasioni di confronto e riflessioni condivise.